Il compleanno di Pino Rauti. Il miglior modo per ricordarlo? Rilanciare cultura.

Ricorre oggi il compleanno di Pino Rauti, lucida e formidabile guida politico-culturale dell’area nazionalpopolare, ossia, di quel variegato mondo che dal postfascismo ha inteso “Andare Oltre” gli schemi rigidi ed imposti dal sistema, nel solco eterno della Tradizione intesa nel senso “guenoniano” ed “evoliano” del termine. L’aver saputo proiettare idee transitate anche in un sistema politico a cavallo fra le due guerre verso il futuro,  è stata opera di importante prospettiva strategica, utile a non “imbottigliare” quelle Idee, in un messaggio di fortuna consegnandolo al mare del destino e dell’incertezza chiuso con un tappo di sughero.
Quello di Rauti, al fianco di altri uomini che strutturavano la classe dirigente di “esuli in Patria”, è stato un percorso impervio. Uno dei loro compiti è consistito anche nella tutela della memoria, favorendo il passaggio della staffetta di mano in mano.
Quella staffetta della “continuità storica ed ideale”, che secondo la sintesi squisitamente “rautiana” racchiudeva intere enciclopedie in due parole.
Oggi più che mai, bisogna rilanciare il pensiero “rautiano”. Come farlo?
Non cadremo in errore, se lo faremo come piaceva a Lui e come ci avrebbe consigliato, ossia, rilanciando la nostra sfida di medio-lunga prospettiva, investendo in cultura.
“Vorrei mettere il partito a studiare”, disse una volta, seccato dalla proiezione reazionaria e nostalgica di una classe dirigente non sempre degna dei suoi lungimiranti capi. Vorremmo mettere le nuove generazioni a confronto con Le generazioni precedenti per vedere se la qualità di quest’ultima, aiutata anche da un processo di scolarizzazione più alto, è migliorata.
Per ora ci limitiamo a festeggiare il Segretario, pubblicando parte di un documento scritto a quattro mani con Rutilio Sermonti in “Lineamenti per uno Stato Organico”, nel quale,  attraverso un abile slalom utile a schivare una delle insiedie e delle trappole che i nostri nemici tradizionali spesso ci muovono: la polemica fascismo antifasciamo, contribuisce disinnescare mine dell’odio politico tipiche dei nostri avversari  di sempre.
Buona lettura ed Auguri Segretario.
             Giovanni De Luca

Pino Rauti, (Cardinale19 novembre 1926 – Roma2 novembre 2012)

PINO RAUTI/La polemica Fascismo-antifascismo che qualcuno ci invita a superare.

Noi non dobbiamo superare proprio niente, per il semplice fatto che non ce ne siamo mai lasciati coinvolgere. La polemica Fascismo-antifascismo l’hanno sempre fatta solo gli antifascisti (come confessa il nome), quando di polemica si è trattato e non di una misera pregiudiziale di comodo a fini consociativi. Comunque non ci riguarda per niente, perchè il Fascismo che quei signori si affannano ad esorcizzare non ha nulla a che fare con le idee che sono le nostre e che di seguito enunceremo.

Non abbiamo nemmeno difficoltà a dichiarare che, se il Fascismo non fosse altro da quello descritto da “lorsignori” e dalle leggi repressive della Repubblica, noi saremmo i primi antifascisti. Usando il condizionale perché sappiamo che quel Fascismo non è mai esistito, ma qui si tratta soltanto di un pregiudizio storico: non di una tesi politica attuale.

Accettiamo, e di buon grado, la discussione, ma solo su quelli che sono i nostri veri contenuti, non sulle scempiaggini che non abbiamo mai pensato né dette e che certi ominidi robotizzati più o meno autorevoli ci vorrebbero appioppare.

Con questa premessa, veniamo ad enunciare le nostre finalità e le nostre tesi politiche per quanto attiene alla natura ed alla organizzazione della rappresentanza popolare. E’ una concezione che, se pur ha lontanisseme fonti, mira soltanto ad assicurare al nostro popolo un avvenire migliore del presente. Se poi qualcuno puntasse contro la nostra fiamma il dito inquisitore accusandoci di rifarci al Fascismo storico, non faremmo che invitarlo a leggersi la Costituzione della Repubblica Italiana antifascista nata dalla Resistenza.

Ci troverebbe, all’art. 3, la partecipazione dei lavoratori come tali all’organizzazione politica, sociale ed economica del paese; all’art. 4 cpv. il lavoro come dovere sociale; il salario proporzionato al lavoro prestato e alle esigenze di vita, unitamente al massimo le ore lavorative all’art. 36.

Ancora avanti, all’art. 39 i contratti collettivi validi, erga omines e al 41 la programmazione economica; al successivo art. 42 la funzione sociale della proprietà; al 44 la bonifica agraria e fondiaria; e – dulcis in fundo –  all’art. 46 persino la partecipazione del lavoro alla gestione delle imprese.

Bene: nello Albertino Statuto che reggeva la democrazia, parlamentare precedente al ventennio di concetti del genere non v’era la minima traccia e tutti non uno escluso hanno fatto la loro comparsa in Italia con l’ordinamento giuridico del Fascismo anteguerra e della Repubblica Sociale Italiana.*

 

*Tratto da: Pino Rauti – Rutilio Sermonti Lineamenti per uno Stato organico.

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